E neppure tre righe.
Quello ormai conosciuto come “il caso Adidas” insegna che un logo non distintivo – seppur universalmente riconosciuto – non è una mai scelta corretta.
Il logo fatto in casa dal cugino che è bravo a disegnare – e non stiamo certo parlando di Adidas – è artisticamente bello, ma strategicamente poco funzionale e totalmente inefficace.
Il logo è la sintesi di un brand, ne trasmette i valori, ne esprime il core. Vedi una virgola: pensi a Nike. Vedi una mela morsicata: Apple. Una conchiglia gialla e rossa: Shell. Un coniglietto con il papillon: Play Boy.
Il logo – lo abbiamo già detto – è l’anima di un brand. Una volta entrato nella testa delle persone, il logo veicola la fiducia nel brand. Se una maglietta bianca di cotone porta il logo di Armani è un capo di alta sartoria che sono pronto a pagare centinaia di euro, in altra maniera è solo una bianca di cotone.
Un marchio è, in estrema sintesi, un segno formato da elementi visivi e testuali che identifica un brand e lo rende immediatamente riconoscile e distinguibile dalla concorrenza.
È il cardine dell’identità di un brand. Un logo è “l’incarnazione” di un concetto. Può essere composto da un logotigo semplice o più complesso – ma ugualmente riconoscibile.
Troppo spesso – anche da professionisti del settore – i termini logo e marchio vengono utilizzati come l’uno il sinonimo dell’altro. Nella pratica – ma soprattutto nella comunicazione per non parlare della questione della legittimità e della riconoscibilità strategica di un brand – sono due strumenti differenti, che vanno usati secondo le singole peculiarità. Pena una comunicazione inefficace, che tradotto significa: buttare i soldi dalla finestra.
Legalmente il logo è uno degli elementi che possono essere registrati come marchio. Nella comunicazione pubblicitaria – istituzionale e Adv – è uno degli elementi che compongono l’identità di un brand. Il logo – o per chiamarlo con il suo nome il logotipo – è la trasposizione grafica di un’azienda che si compone – spesso, ma non sempre - di un pittogramma e un pay off.
Un marchio è, in estrema sintesi, un segno formato da elementi visivi e testuali che identifica un brand e lo rende immediatamente riconoscile e distinguibile dalla concorrenza. Essendo la sintesi dell’azienda, ne deve rispecchiare l’essenza e trasmetterne i valori. Va quindi studiato attentamente partendo da uno studio approfondito del brand, dall’identificazione dell’archetipo, dalla definizione delle peculiarità del brand e i plus rispetto ai competitor da cui dedurre gli elementi strategici per una comunicazione efficace e distintiva.
Il logo – o logotipo he dir si voglia – è il cardine dell’identità di un brand. E’ il suo biglietto da visita e come tale deve funzionare. Se in un biglietto da visita mancano nome e cognome, l’email e il numero di telefono è un cartoncino senza valore. Magari graficamente perfetto, ma inutile. Non riconoscibile. Non identificativo. Non comunicativo.
Come per il marchio, anche il logo è il frutto di un lavoro di ricerca e analisi approfondita e ha delle regole di composizione ben definite.
nome del brand, ovvero l’elemento più importante perché è il più facile da memorizzare
payoff, la frase che accompagna il nome e sintetizza i valori del Brand: “Perché tu vali” “Just Do It”, “Dove c’è Barilla c’è casa”, “La cucina più amata dagli italiani”)
logotipo, ovvero il lettering usato che rende visibilmente identificativo il nome del brand: Coca-Cola, Google, Yahoo!, Disney
pittogramma, simbolo grafico del logo: il baffo della Nike, la stella a tre punte della Mercedes, la freccia di Amazon, l’omino della Bic.
Può essere composto da un logotigo semplice o più complesso – ma ugualmente riconoscibile – da un pittogramma e un logotipo, da un logotipo e in pay off. Le combinazioni possono essere infinte, la regole scritte e non scritte per un logo identificativo sono sempre le stesse.Per essere efficace deve essere:
semplice,
facile da ricordare e riconoscere,
versatile,
coerente con il brand,
originale e unico